II francobollo celebrativo delle Professioni Sanitarie? Spediamolo!

Ora che c’è il francobollo celebrativo delle Professioni Sanitarie, spediamolo!

Il COVID-19 ci ha risucchiati in una metafora della “guerra”. È faticoso accostumarsi a una narrazione prevalente che accomuna la diffusione di un virus patogeno alla massima espressione della violenza, dell’intolleranza e dell’odio tra esseri umani. I virus non vogliono male a nessuno e, l’unica battaglia che combattono, è quella della sopravvivenza.

Comunque, la metafora della “guerra” è un modo di dire che andrebbe castigato dall’Accademia dei Lincei, nello stesso modo di quando si usa la parola “terremoto” parlando delle beghe tra partiti nella Giunta Comunale, magari a L’Aquila, dove hanno ancora in corpo un tremore che suscita memorie e riflssioni di altro tipo.

Il 28 aprile 2021 è stato un giorno memorabile perché il Ministero dello Sviluppo Economico ha emesso un francobollo, dedicato alle professioni sanitarie, che rientra nella serie tematica “Il Senso civico”. Con questa motivazione è giunto un riconoscimento al “Valore Civile” di infermieri, medici e operatori sanitari in genere che segna un evento storico da diffondere (i francobolli, lo dico per i più giovani, si possono ancora usare per spedire le lettere) e da tramandare.

Per questo siamo portati a esprimere approvazione e un’ammirazione illimitata verso queste persone.  Tuttavia: “Ti credevo più intelligente. Cosa vuol dire essere coraggioso? Il coraggio non si programma. Ho conosciuto dei vigliacchi che la paura ha reso coraggiosi” (dice Rasputin a Jack London, in un fumetto di Hugo Pratt che racconta le avventure di Corto Maltese).

Partendo dalla buona notizia, la sensazione è che il COVID-19 abbia aperto uno spiraglio di riflessione verso categorie di dipendenti pubblici il cui lavoro è solo lontanamente immaginato dalla maggioranza delle persone comuni. I dipendenti pubblici, nell’immaginario “qualunquista” vengono spesso definiti “fannulloni”.

Nulla vieta che ciò sia possibile, forse endemico, ma lasciamo perdere perché è un fenomeno complesso che porterebbe troppo lontano.

Ciò che conta è che gli operatori sanitari che abbiamo visto all’opera avvolti da maschere e tute protettive nelle corsie dei reparti COVID, nelle (poche) RSA pubbliche, nelle Rianimazioni, nei Pronto Soccorso, nelle Ambulanze, al Domicilio dei contagiati, o nelle sale operatorie e nei laboratori d’analisi sono tra quei dipendenti dello Stato che operano in strutture troppo grandi per individuarli uno per uno. In genere, per farli lavorare, non esiste una vera e propria regia, una programmazione degli interventi, un “visione” d’insieme sistemica . In questo scenario si trovano esempi virtuosi di persone che si muovono come stormi di rondini che volteggianti senza una vero “capostormo”, guidate dalla prossimità operativa con altri operatori  e che si trovano anche in altre collocazioni vitali per la società come, per esempio, nelle scuole. Essi, va loro riconosciuto, “portano avanti la carretta” con dedizione rischiando a proprie spese e a stipendio fisso e, ciò, sia in condizioni ordinarie che straordinarie e lamentandosi poco, sopraffatti dalla fatica.

La civiltà Occidentale, circa duemila anni orsono, ha concepito la figura dell’esule Enea che si carica sulle spalle il padre Anchise e che trascina il piccolo Ascanio per portare ambedue in salvo verso una “Terra promessa”. Di “abnegazione” abbiamo parlato il 17 Marzo nella pagina Facebook di Bike4truce scorso commentando con sostegno la notizia che Infermieri e Medici italiani sono stati candidati al Nobel per la Pace.

In questo frangente, in aggiunta, si inserisce una breve considerazione riguardo al cosiddetto “eroismo” dei singoli per la salvezza collettiva. Questo “meme” è spuntato nella primavera del 2020 come primule tra la neve. Per capire cosa significhi, bisognerebbe trovarsi in quelle condizioni lavorative e con quei ruoli professionali accanto a persone spaesate che chiedono aiuto.

Bertold Brecht nell’opera “Vita di Galileo” ammoniva: “Beato un popolo che non ha bisogno di eroi”. Gli fa eco il giornalista Marcello Veneziani il quale, inserendo la frase nel novero delle “oscene idiozie” di un marxista, declina la frase in un suo memorabile articolo intitolato “Beato il popolo che onora gli eroi”. Veneziani fa un minestrone il cui ingrediente principale è la retorica che ciascuna società organizzata ha sviluppato sul tema dell’eroe (al femminile vale l’ambiguo termine: “eroina”) e che confonde l’uso demagogico dell’evocazione dell’ “eroe” con la profondità dell’indagine sul “mito”, il “sacro”, o i rituali sociali.

Per esempio, sono tutti “eroi” i caduti che, a decine, si trovano nelle lapidi commemorative dei morti nella Prima Guerra Mondiale all’ingresso di ogni paesino che ha sacrificato i suoi giovani alla Patria. Se poi si scoprisse che sono stati strappati alla terra e alle famiglie e mandati al massacro dopo un breve addestramento per combattere una guerra tra Imperatori e Nazioni che si poteva evitare, al primo monumento si dovrebbe affiancare una sputacchiera. Questa andrebbe intitolata ai monarchi, ai governanti, alle banche, agli industriali e ai sagaci cantori di tanta grandezza patriottica che su quelle giovani vite hanno perpetuato la loro fortuna.

Probabilmente, del nostro giornalista “antimarxista” che spara sentenze a vanvera, nessuno si ricorderà fra dieci anni. Ciò, a differenza del lascito di cui siamo debitori a Brecht, ma l’argomento sull’eroismo è importante e vale la pena immergersi brevemente in alcuni suoi aspetti.

L’ammirazione verso gli operatori sanitari, io credo, è stata unanime ma non illuminata dalla comprensione di questioni etiche e sociali. Infatti, è un guaio affidarsi per mesi e mesi a un tipo di gesti che dovrebbe rappresentare un’estrema eccezione.

Inoltre, non c’è da stupirsi che questi comportamenti siano espressi da gente che crede nel proprio lavoro e nel proprio ruolo sociale, che è motivata dall’etica professionale, dalla compassione, dl senso del dovere che convive con immense sofferenze e che onora il mandato di Enea lasciando l’indifferenza al di fuori di maschere e tute protettive.

Però, va notato che si tratta di comportamenti che si rendono evidenti, necessari e – per certi versi – obbligatori quando l’impatto delle “forze regolari” contro il “nemico” è inadeguato. Insomma, nelle trincee si avvicendano gli “eroi” e, per definizione, questi mettono a rischio la loro vita. In questo quadro , dietro la cortina dell’eroismo patriottico, va cercata sempre la responsabilità dei “generali” e dei “mandanti “che in quelle trincee i soldati/eroi ce li hanno infossati. Questo fa male, soprattutto se si contano vittime di un “fuoco amico” che sacrifica le risorse in campo. Qualcuno ha mai incontrato un operatore sanitario che motiva la sua presenza al letto del malato per “eroismo”, o “sprezzo del pericolo” ?

Riflettendo, la risposta si può sintetizzare “Cazzate!”. Infatti, dietro le quinte delle celebrazioni, c’è da chiedersi chi abbia reso gli operatori sanitari sconcertati e impreparati e/o privi di informazioni attendibili; e/o in numero inadeguato; e/o in carenza di equipaggiamento; e/o abbandonati a se stessi, e/o altro […] .

In parole povere, c’è da chiedersi chi li abbia lasciati in balia della Caporetto di turno e chi rappresentino effettivamente coloro che li premiano con osservanza istituzionale.

Stampare il francobollo costituisce una presa di coscienza tardiva e anticipa un sostanziale ravvedimento da scovare nelle pieghe del Recovery Plan? C’è da augurarselo.

Credo che ognuno di noi si dovrebbe impegnare affinchè i francobolli vengano spediti e l’immagine ristampata su un adesivo più grande. Questo, per avere un’opportunità aggiuntiva a quella di conservare con cura, negli album dei collezionisti, un’immagine che tende a ingiallire dopo essere stata timbrata. L’idea è che, quest’estate, ognuno di noi scriva una cartolina con quel francobollo, oppure appiccichi l’adesivo più grande su tutte le porte che incitano e osannano l’eroismo dei soldati, mentre rimangono chiuse all’etica della responsabilità che l’intera società (generali, banchieri, industriali, giornalisti ed “eroi” compresi) stenta a concepire.