Coltivare l’umanità è il titolo di un libro scritto da Martha Nussbaum nel 1997.
Il titolo riproduce un pensiero espresso dagli stoici e, in particolare, da Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) , nella sua esposizione centrata sull’educazione fondata sulle Arti liberali e che ci è stata tramandata nelle Lettere Morali a Lucilio.
La sensibilità e la chiarezza delle argomentazioni (non necessariamente tutte applicabili dovunque) hanno istruito, negli ultimi decenni, un’intera generazione di educatori, di saggisti, di intellettuali e ben pochi politici, frequentatori di talk show televisivi e avventori di “Bar dello Sport”.
Martha Nussbaum tratta un argomento di estrema attualità. In particolare, sono notevoli il metodo di valutazione sul campo delle capacità (competenze, saperi, pratiche) che favoriscono e consolidano l’articolazione pedagogica fondata sull’Umanesimo e l’accento sul pensiero critico.
Prova ne siano i corsi come quello tenutosi nel settembre 2022 presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna che si è concentrato sulle cosiddette Medical Humanities.
L’Italia è veramente un caso a parte riguardo alla possibilità di “Coltivare l’Umanità” perché possiede in questo senso “giacimenti” di modelli culturali , tramandati e autoctoni, di studi, di cattedre universitarie, di musei, teatri, infrastrutture, emergenze ambientali ed achitettoniche che la rendono il Paese dotato delle maggiori riserve dell’intero pianeta. Questa enorme ricchezza non viene riconosciuta, non viene comunicata assertivamente, non viene “estratta”, elaborata e resa fruibile ai cittadini italiani, figurarsi se ciò avvenga e risulti comprensibile in tutte le lingue parlate.
Ciò, in ragione di un perverso circolo vizioso per il quale, nel Paese delle Arti Liberali, la maggior parte della popolazione non sa ben definire che cosa esse siano, quando e come sono o potrebbero essere insegnate o imparate e per quale ragione esse affondano le radici in un substrato che – volenti o nolenti – appartiene alla stragrande parte della popolazione di lingua e cultura italiana. Nella formazione di entrambe è evidente l’influsso della loro natura “risultativa” , della molteplicità delle contaminazioni, della varietà dei linguaggi popolari, associati all’aulica “fissità” del latino come lingua colta e adatta alle argomentazioni filosofiche, religiose, morali, giuridiche e scientifiche. Certi saperi e certe competenze, infatti, permeano ciascun individuo vissuto in Italia per un tempo appena sufficiente e con un minimo di capacità di attenzione e apprendimento, o che incrocia a ogni passo l’enorme “biodiversità” del “belpaese”. Gli esempi tramandati dalla cultura popolare, a cominciare dalle ricette culinarie, sono infiniti.
Non c’è dubbio che l’Italia sorprenda per le sue straordinarie bellezze. Ciò, da un lato, dove la Natura è ancora predominante e dall’altro nell’enorme varietà di rappresentazioni conservate nelle vestigia di millenni di storia, di occupazioni straniere, di espressioni artistiche, musicali, letterarie, artigianali, imprenditoriali, religiose e culturali in genere.
Questa enorme ricchezza e sfaccettata identità, così genuinamente a Km Zero, non viene esaltata nonostante il suo rilevante potenziale. Elaborare un piano coordinato di valorizzazione della culla della cultura umanistica non va confusa con la trasformazione dei centri storici in “diventimentifici”.
Infatti, promuovere il linguaggio Umanistico indissolubilmente legato al territorio – e alla sua vulnerabilità – e alla salvaguardia del rispetto della dignità umana e dell’ambiente aiuta a creare cittadini consapevoli, a formare il senso civico e democratico dei cittadini; contribuisce a orientare lo sviluppo di un modello economico capace di creare prosperità, serenità individuale e pace sociale, nonché di stabilizzare i posti di lavoro.
Per averne contezza, come dimostra l’opera di Nussbaum, bisogna viaggiare e non accontentarsi delle apparenze, velate spesso da stereotipi e preconcetti. Viaggiare quindi (anche solo virtualmente, con curiosità e spirito di ricerca, superando i confini della propria bolla sociale) con quelle particolari attitudini: di chi osserva senza pregiudizi, con capacità critica e cosmopolitismo le etnie, le religioni, i colori, le disparità di genere, i costumi, le abitudini, l’alimentazione, l’uso delle tecnologie, le norme, gli orientamenti economici e i regimi politici; di chi assaggia i sapori, prova le emozioni e condivide le passioni; di chi ascolta le musiche e i rumori, frequenta i linguaggi con desiderio di sapere; di chi tocca con mano la sofferenza e la gioia di scoperta dei bambini, l’orrore della fame, la privazione dei diritti fondamentali, la sopraffazione, , l’umiliazione, l’emigrazione forzata o – sempre più – la guerra.
Tuttavia, fintantoché la società civile e i governanti in Italia non avranno le competenze, o i loro imprenditori, accademici, giuristi, congregazioni parareligiose, massoniche e mafiose; i loro economisti sedicenti “creativi” , le loro burocrazie non si arrenderanno all’evidenza che il modello economico di globalizzazione neoliberista sfrenata è superato dalla realtà dei fatti, il processo di destabilizzazione procederà, il “valore di scambio” che possiede un’identità culturale subirà una deformazione in senso autoreferenziale e, possibilmente conflittuale contro le altre identità assertive. Tutto ciò, forse, mentre ci troviamo già all’orlo di un baratro catastrofico per tutti.
Ammettendo che il mio discorso ha un accento allucinatorio, mi sembra che l’educazione alla libertà, alla democrazia, alla bellezza, alla cooperazione, alla solidarietà, all’empatia, all’ascolto attivo, alla pace rimarranno perdenti – se non abolite – fintanto che condizioni di diseguaglianza, di disordine e di instabilità verranno sostenute con le “buone” o con le “cattive”.
In quest’ultima direzione, all’estremo della negazione del tipo di “Umanesimo” a cui mi riferisco, si trova la guerra mondiale e si potrebbe ipotizzare che, se mai accadesse e i superstiti potessero riorganizzarsi, ciò potrebbe obbligare l’Umanità e ritornare alla lettura dei “classici”. Ciò, d’altro canto, è già avvenuto dopo la diffusione della “Morte Nera” (l’epidemia di peste bubbonica che sterminò la popolazione europea negli anni 1347-48). L’Umanesimo Rinascimentale è il frutto evolutivo del risveglio sociale, economico e morale determinato da questa immane tragedia. Oggi c’è da chiedersi se una qualche forma di Umanesimo possa mai risorgere dalle macerie fumanti di una guerra atomica.
Le rilevanti argomentazioni di Nussbaum sono maturate studiando il modo di sviluppare le capacità umane e le sue indagini si sono svolte in tantissimi Paesi diversi, tra cui gli USA, l’India, la Finlandia e l’Italia.
L’Introduzione del libro che ripropongo di seguito si presenta con questo titolo: La Vecchia Educazione e il Pensatoio (Pgg 16-17).
Nella grande commedia di Aristofane “le nuvole” , un giovane ansioso di fare proprio il nuovo insegnamento, si reca al Pensatoio, retto da una strana, famigerata figura: Socrate.
Con le sue parole viene inscenato un dibattito in cui sono messi a confronto i meriti dell’educazione tradizionale con quelli del “nuovo insegnamento socratico”.
Il sostenitore della vecchia Educazione è un anziano soldato (egli predilige un regime patriottico, improntato a una rigida disciplina, che dia molto spazio all’apprendimento mnemonico e poco alla discussione). “Studia con me” – sbotta il soldato – così avrai l’aspetto di un vero uomo: torace imponente, lingua piccola, solidi glutei, genitali piccoli (un tratto somatico considerato positivo, in quanto simbolo dell’autocontrollo maschile).
Il suo oppositore è un retore (un uomo in grado di sedurre con le parole), Socrate in persona. Questi promette al giovane che seguendo i suoi insegnamenti imparerà a considerare in modo critico le origini sociali di norme morali apparentemente eterne, a distinguere tra natura e convenzione. Imparerà, inoltre, a formulare argomentazioni in maniera autonoma, senza affidarsi ad alcuna autorità. Studia con me – afferma Socrate – e avrai l’aspetto di un filosofo: avrai una grossa lingua, un torace stretto e incavato, glutei flaccidi e grossi genitali (un tratto somatico considerato negativamente in quanto simbolo della mancanza di controllo si se stessi).
Questa presentazione che Socrate fa di sé, naturalmente viene dettata con astuzia come contrappasso alle dichiarazione del sostenitore della vecchia Educazione.
Qual è il messaggio di Aristofane? La Nuova Educazione muterà l’autocontrollo maschile, trasformerà i giovani in ribelli e porterà la città alla distruzione.
Nella commedia, il figlio se ne torna a casa e, seguendo un’argomentazione di tipo relativista da lui stesso prodotta, si ritiene legittimato a picchiare il padre. Lo stesso padre, infuriato, si reca al Pensatoio e gli dà fuoco.
Il Pensatoio Socratico viene presentato da Aristofane come fonte di corruzione del cittadino. I capi ateniesi, timorosi dell’idea che i giovani ricercassero argomentazioni per giustificare le loro credenze, invece di limitarsi a seguire i genitori e le autorità civili, incolparono Socrate per quella disarmonia culturale ormai percepibile trasversalmente.
Venticinque anni più tardi Socrate, sotto processo per corruzione dei giovani, citerà l’opera di Aristofane come la fonte principale dei pregiudizi nei suoi confronti. Per dimostrare la coerenza del suo discorso, implacabile nel suo giudizio fino alle estreme conseguenze, fu condannato a morte e Socrate, impenitente, si tolse la vita da solo .