Z-L’Orgia del Potere

Z – L’orgia del potere è il titolo dell’edizione italiana di un film del 1969 diretto da Costa-Gavras, vincitore dell’Oscar al miglior film straniero e del Premio della giuria al 22º Festival di Cannes.

Tutto è attuale di questo film, nonostante siano passati oltre 50 anni e diversi degli straordinari interpreti della pellicola siano morti.

Lo dico subito, anche se è la conclusione del discorso:

Credo indispensabile andare a votare.

Informiamoci da fonti attendibili; mettiamoci la faccia, compiamo scelte ed esercitiamo il giudizio critico. Nulla all’orizzonte impedisce di pensare che potrebbe essere l’ultima volta nel prossimo futuro. Se L’Europa non emergerà autonoma e autorevole nel suo percorso verso un’unità politica, il declino della nostra civiltà diventerà inarrestabile. Se ciò avverrà, non sarà l’effetto di un complotto , ma della nostra ignoranza, indifferenza, avidità. Siamo sempre coinvolti!

Z è il titolo dell’omonimo romanzo dello scrittore Vasilīs Vasilikos basato, a sua volta, sul caso dell’assassinio di Grigoris Lambrakis, noto politico di sinistra ed attivista per la pace greco, ucciso nel 1963 da alcuni estremisti di destra con la complicità delle forze dell’ordine e militari nazionali. Il brutale assassinio e le palesi connivenze politiche del governo Karamanlīs di centro-destra causarono un enorme scandalo e questo portò alla caduta del governo stesso, ma non alla liberazione del popolo Greco dalla dittatura dei colonnelli.

Costa-Gavras ambienta la vicenda senza specificare il luogo o nominare espressamente personaggi o personalità del periodo, scegliendo bensì una rappresentazione che rende la vicenda slegata da qualunque contesto specifico e la innalza ad una parabola politica universale.

Parto da questa suggestione per collegarmi al fatto che le ultime settimane sono state così dense di avvenimenti straordinari che, per parlarne, seguo il filo dei sentimenti e dei pensieri che irrompono, allarmanti, nella coscienza più che un ragionamento coerente.

Putin, consapevole dell’andamento sfavorevole degli ultimi eventi bellici, minaccia di utilizzare qualunque arma di cui sono pieni i suoi arsenali. C’è da credergli, in quanto la Federazione Russa è dominata da un tiranno autocrate circondato da schiere di servili accoliti e complici del consociativismo e della corruzione che infamano il Paese. Questa enorme cupola mafiosa collabora con le mafie di tutto il mondo, ha accumulato capitali in banche di Paesi compiacenti, contatti e pagamenti virtuali criptati, sistemi informatici aggressivi; ha “militarizzato” anche l’informazione, si propone sul mercato delle armi per fomentare i conflitti regionali e compete per un’asserita singolarità mirata a ripristinare il prestigio di antichi fasti.

Questa enorme cupola mafiosa di cui Putin aspira  ad essere il veggente, lo stratega e l’eletto dal destino sta lavorando da anni alla creazione di un disordine mondiale. Certo, non sono i soli a muovere le pedine di questa assurda Orgia di Potere, ma diventa pleonastico prenderne atto.

Infatti, poco importa ai fautori del “tutto fa brodo per fare soldi” di tutto il mondo se la prosperità e i profitti che accumulano seguano un percorso parallelo al miglioramento delle capacità e della qualità della vita dei Cittadini e dei consumatori. In questo elenco vanno incluse le Big Tech, le industrie petrolifere, quelle che producono armamenti e, per certi versi, anche il Complesso Medico industriale.

Il loro potere, soprattutto se il tribalismo corporativo continuerà a essere il traino della crescita infinita voluta dal modello economico neoliberista vigente è spaventoso, incontrollabile, continuamente espansivo e diventa, cioè, quella che Ivan Illich chiamava “Egemonia radicale”.

Come si può non rendersi conto che si profilano all’orizzonte i contorni di regimi che opprimono in un totalitarismo del terrore masse di “produttori e consumatori di beni”, di scolaretti e studenti universitari educati a ripetere a memoria la lezione somministrata, di umili contadini e di cittadini che pagano il proprio vulnerabile benessere con il silenzio, il consenso, la frustrazione e la perdita della libertà. L’allucinata esposizione muscolare degli oligarchi corrotti e rapinatori – assiepati e famelici attorno alla putiniana fonte dei loro privilegi – mira a indebolire le Democrazie che, a loro dire, sono decadenti e non sono in grado di portare l’ordine, di perpetuare le tradizioni religiose e morali e la prosperità. Il ricatto energetico, l’intenzionale taglio dell’esportazione di beni essenziali quali i cereali, l’aggressione militare di popoli indipendenti sono i tratti distintivi dell’Orgia del Potere che inebria questi criminali contro l’Umanità.

Gli Esseri Umani che hanno provocato il riscaldamento globale non hanno agito e non stanno agendo per raggiungere un accordo globale che giunga a un compromesso tra modello di sviluppo, diseguaglianze, tecnologie e politiche energetiche sostenibili. Quanti più saranno coloro che occuperanno – antropizzandolo – un suolo, quanto maggiore sarà le ricerca di cibo e di energia che standard civili dovrebbero garantire a tutti, tanto maggiore sarà la popolazione sottoposta ai cambiamenti climatici, alle catastrofi naturali, alle emigrazioni, ai soprusi, alla sete e alla fame, alla malnutrizione e alle malattie, all’orrore della guerra. In aggiunta, se mai in questo scenario si volessero proteggere le vite umane, si aprirebbero comunque ferite profonde nell’ecosfera.

La Regina Elisabetta ci ha lasciati creando un vuoto incolmabile.

Per i suoi sudditi e per gli affezionati testimoni delle sue amabili qualità, il lutto è stato momentaneamente condiviso durante il lungo pellegrinaggio della salma e i funerali reali.

La costruzione sociale della realtà attinge a piene mani a simboli e rituali tradizionali e si tramanda in modo ancora consistente attuando una strategia che affronta la paura della morte offrendo simulacri di eternità a ciascun individuo consapevole della sua impermanenza.

Franco Summa (1938-2020) asseriva che l’Essere Umano “può vincere la sua inesorabile condizione di finitezza solo attraverso l’azione esternatrice dell’arte”. Lui era un’artista-filosofo e aveva ragione a incorporare questo pensiero nelle sue opere perché le “arti liberali” (come dice Martha Nussbaum nel suo illuminate libro Non per Profitto) educano al pensiero critico, all’autonomia di pensiero, alla libertà da alcuni condizionamenti e stereotipi sociali che assorbiamo involontariamente. Tutto ciò contraddistingue l’educazione alla Libertà e alla Democrazia.

Tuttavia, viviamo una società liquida, ognuno di noi è dotato di una molteplicità di elementi identitari che sono talvolta in conflitto tra loro; il rumore di fondo; il basso livello di attenzione e di “alfabetizzazione” ai problemi che non appartengono alla propria sfera; l’infodemia; la realtà quotidiana; il superlavoro e l’over-booking che si confrontano con il non-lavoro e l’abbandono ;la guerra di civiltà scatenata dalle allucinazioni suprematiste e passatiste dei dittatori sparsi per il mondo e fiancheggiate dai loro agenti e cellule dormienti; le diseguaglianze sociali che non vengono affrontate; la precarietà del vissuto e del lavoro; la paura di morire in povertà e in solitudine. Purtroppo, tutti questi non lasciano molto spazio a processi razionali che alimentano la consapevolezza della superiorità etica e morale della Democrazia sul totalitarismo e della prospettiva mai sopita (ma non di stampo romantico) di costruire un mondo più giusto con i popoli e non per i popoli della Terra.

Il Presidente Xi Jinping ha ripetutamente affermato che la Via Cinese al socialismo non si sposa e anzi si oppone all’idea “tutta Occidentale” di Democrazia.

Il Popolo, secondo la tradizione Cinese (che si perpetua immutabile da millenni, sotto l’influenza dei vari imperatori e segretari di partito) va sottomesso e irreggimentato, va condotto e indottrinato, va usato come elemento organico in una sorta di meccanico tritacarne esistenziale di soggetti per i quali il destino dell’individualità e della soggettività non è neanche concepibile.

La cultura Occidentale si sta accorgendo solo negli ultimi decenni che bisogna capire i Cinesi prima di esprimere giudizi riguardo ai loro comportamenti che spesso ci appaiono paradossali. Eppure, preso atto che la Cina è membro del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e che ha quindi aderito allo statuto dei questa Organizzazione come si spiega che nei libri di storia delle scuole Cinesi non vengono riferiti i fatti di Tienanmen del 1989 o che, addirittura, non si accenna al dominio Britannico di Hong Kong, durato un secolo e mezzo! ; l’egenonia radicale del Partito comunista si occupa anche del fatto che i risultati cognitivi dell’educazione vanno contenuti e mitigati nei casi in cui dovesse emergere un pensiero critico e indipendente; l’iniziativa d’impresa è sotto un rigido protocollo di compartecipazione azionaria con esponenti del Partito Comunista, di osservazione e censura da parte delle ramificazioni burocratiche, politiche e militari e tanto altro che, nella letteratura e nella tradizione liberale occidentale connota un regime totalitario.

Questo Grande Fratello vede, sa e proietta la natura oppressiva del regime finanche su ciascun cittadino e attività, figuriamoci sugli orientamenti metafisici indipendenti dei seguaci del Qi Gong, sul credo religioso di Uiguri e Tibetani, o sui dissidenti in genere.

Xi Jinping non ammette discussioni sulla necessità di occupare, con le buone o con le cattive, il territorio che dovrebbe appartenere alla Grande Cina. Negli anni ’50 del secolo scorso Mao Tse Tung ha occupato il Tibet, nel XXI secolo la Cina si è appropriata di Hong Kong non rispettando platealmente gli accordi presi con la Gran Bretagna e – se l’improvvida avventatezza del dittatore russo non renderà le cose più difficili per i Cinesi – dopo il prossimo Congresso del Partito Comunista che lo nominerà dittatore a vita, Xi Jinping ordinerà al suo esercito la conquista di Taiwan.

Altri esempi di violenta sopraffazione e negazione del diritto di esistere di popoli, della parità di genere, etnie, religioni, orientamenti sessuali, concezioni laiche della vita e della morte e altro sono a portata di evidenza, ma non c’è bisogno e sarebbe illogico dilungarsi.

Allora, il problema è semplice:

Preferisci una Democrazia Imperfetta, disgiunta, attraversata da poteri trasversali che occupano la maggior parte dei nodi cruciali nelle catene di comando, che ostacolano in molti modi e facilitano in altri la crescita delle capacità umane e che, comunque – anche in ragione della loro molteplicità e separazione dei poteri – mitigano i “balzi futuristici”, le proiezioni monoidentitarie (prima la Nazione), élitarie, estremistiche; combattono la violenza, il sopruso, l’uso delle armi o, in ogni caso, si adoperano per affermare lo Stato di diritto, la coesione, la solidarietà e la giustizia sociale?

Allora, cosa sostiene questa arroganza dei pochi, questa aggressività impudicamente asserita, questo dispregio della dignità umana, della volontà espressa intimamente da parte della maggioranza delle popolazioni coinvolte?

Guerra, guerra, supremazia, potere, denaro, liceità morale sostenuta dall’assolutismo della propria autoreferenzialità, negazione di principi fondamentali dell’etica e disumanità sono gli aspetti preoccupanti che compongono il tribalismo predatorio delle classi dominati della maggior parte dei modelli sociali evocati (democratici o meno che siano).

La distinzione, quindi, è problematica nell’individuare un progetto equo e sostenibile di sviluppo economico e sociale e di coesistenza pacifica; le contraddizioni emergono un po’ dovunque e non è facile sanarle. Però, in una Democrazia, esse emergono e suscitano spinte al cambiamento mentre, nei Paesi soggiogati a regimi autoritari, le diseguaglianze diventano legge, il dissenso viene ammansito con i manganelli, le prigioni e le fucilate. Inoltre, generalmente i demagoghi e i loro apparati si avvalgono di un’assordante propaganda mistificatrice, del culto della personalità, di un’asfissiante repressione e controllo sociali.

In questo scenario, è persino comprensibile accettare la giustificazione di tanti che si difendono dal disgusto e che covano indignazione nei confronti di un sistema che non consente di sentirsi parte attiva della società. In questo frangente si cerca di distrarsi, di ottenebrare la lucidità di mente, di scrollarsi la scimmia dalle spalle, di tirare a campare perché tanto non vale la pena mettersi in gioco.

Però, così facendo, si cade nella trappola di “sentirsi perdenti” , incapacitati a pensare, a criticare, a collaborare, a solidarizzare, a reagire. Questa è una disgrazia che si aggiunge al fatto di essere realmente discriminati, in difficoltà, nella confusione e nell’inadeguatezza, sotto il giogo delle leggi di mercato e della pervasiva gestione burocratica e clientelare del potere.

E così – tornando alla cara Regina Elisabetta – una cerimonia funebre, quanto più appare sontuosa, dorata e memorabile per la partecipazione di pubblico e di autorità civili, militari e religiose, tanto più dimostra la sua vacuità fantasmatica, la distanza tra la quotidiana lotta per la sopravvivenza.

Il luccichio significante – ma privo di senso “reale” – del pesante medagliere che Carlo III   ha spillato sulla sua carnevalesca divisa di regnante rischia di confrontarsi con il trash, con la mitologia “trapper” , piuttosto che con l’austera irregolarità nasale del ritratto di profilo che Piero della Francesca eseguì per Federico da Montefeltro, rendendo immortale l’aspetto dei Duchi di Urbino.

Le fiabe, soprattutto quelle popolate di Principi, Re, Regine, Maghi, Eroi ed Eroine votati a far prevalere il Bene sul Male sono appassionanti, universali, sono sempre attuali e in qualche modo gratificanti; servono bene la loro funzione di far addormentare i bambini, ma saturano e ammansiscono le menti semplici o quelle che, per la soluzione di problemi complessi, preferiscono affidarsi alle scorciatoie.

Il coraggio e la determinazione dei sopravvissuti della Seconda Guerra Mondiale e della temuta inevitabilità della guerra atomica avrebbe potuto alimentare la rinascita di un’Europa autorevole, solidamente fondata sulla millenaria tradizione multiculturale dei popoli e delle etnie che la popolano, nonché proporre modelli di formazione di cittadini del mondo, in un mondo libero.

Il duopolio America/Russia, prima del collasso dell’Unione Sovietica ha perseguito indirizzi mirati a indebolire l’idea e la concretizzazione dell’Unione Europea come un sistema di Stati coordinati e uniti politicamente, connessi, interdipendenti, liberi di far circolare le merci, i cittadini, nonché liberi di esprimersi, dotati di una propria contrattualità diplomatica e di una difesa comune.

Va annotato che, purtroppo su questo tema (con pochi distinguo e una rapida evoluzione degli equilibri politici e geopolitici esistenti che segue una traiettoria dagli esiti imprevedibili al momento) gli USA, la Russia, la Gran Bretagna palesemente e, probabilmente, la Cina sono contrari alla costituzione di un’Europa politica coesa , liberale e indipendente. Questo, evidentemente, è un grosso problema in quanto gli interessi della popolazione Europea, vertono sulla formazione di una “grande coalizione” tra popoli che non si riconoscono più nel nazionalismo, ma sul progetto di evolversi in liberi cittadini di un mondo libero, con sede nella culla della Civiltà Occidentale e senza pretese di supremazia, ma anche opponendosi alla subordinazione, alle aggressioni e alle diseguaglianze.

Le prossime elezioni in Italia porteranno a un governo che, anche se tenterà di dotarsi di “pieni poteri” rimarrà il governo di un nano economico. La nostra è un’industria di trasformazione priva delle materie prime autoprodotte nel Paese e questo, storicamente, mostra le caratteristiche di un aggregato risultativo di culture che si sono miscelate e unificate molto recentemente sotto il dettato della Costituzione Repubblicana. Un’immagine ben distinguibile da un concetto di Nazione omogenea come lo è, per esempio, la Francia.

Per di più: l’Italia è firmataria di accordi internazionali che esulano da quelli con i membri dell’Unione Europea (per esempio, WTO, TRIPS e tanti altri); sul futuro delle nuove generazioni grava un’enorme zavorra di debiti, di riforme sociali mai fatte, di riforme scolastice e universitarie inadeguate, di leggi elettorali antidemocratiche, di denatalità ed emigrazione intellettuale disastrose.

In altri termini, l’Italia è finanziariamente, socialmente, idrogeologicamente e politicamente molto vulnerabile e incapace di reggersi da sola.

Per questo, lo ripeto ancora in conclusione, è indispensabile andare a votare. Informiamoci da fonti attendibili; mettiamoci la faccia, compiamo scelte ed esercitiamo il giudizio critico. Nulla all’orizzonte impedisce di pensare che potrebbe essere l’ultima volta nel prossimo futuro. Se l’Europa non emergerà autonoma e autorevole nel suo percorso verso un’unità politica, il declino della nostra civiltà diventerà inarrestabile. Se ciò avverrà, non sarà l’effetto di un complotto, ma della nostra ignoranza, indifferenza, codardia, o avidità. Siamo sempre coinvolti!